LICEO LINGUISTICO



   RICERCA DELLA CLASSE QUARTA D




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Destinazione: Massaua - Giorni: 2.
Partecipanti: Abeba, Eden, Filippo, Miriam, Sumeya, Stephan.
Professori: Guido Traverso, Giampaolo Montesanto.
Mezzo di trasporto automobile.
Percorso: Asmara-Ghinda-Massawa

Si raggiunge Massawa attraverso una lunga strada di montagna con il precipizio da una parte e dall'altra montagne che si scagliano verso l'alto. Il paesaggio č molto vario, un minuto prima si vedono rocce e sabbia gialla intorno e poco dopo si vedono delle piante (eucalipti in gran parte) che sembrano emergere dal nulla, e cosė pure della case costruite sui pendii che sembrano al viandante come se si reggessero lassų per miracolo.

Insomma dopo un viaggio di 120 km siamo arrivati nella città storica di Massawa verso mezzogiorno. Non appena solcate le sue porte, tutti ci siamo sentiti avvolti dalla dolcissima e seducente brezza del mare. In quel momento eravamo tentati di spogliarci e tuffarci nel mare, ma il senso del dovere ci chiamava, avevamo un compito da eseguire: intervistare i Rashaida e gli Afar, due delle nove etnie che popolano l'Eritrea, entrambe di religione musulmana con festività uguali ma con culture ed usanze molto diverse.

Di solito si arriva da Asmara a Massawa in non pių di due ore e mezzo, ma noi avevamo fatto una breve sosta Ghinda, una piccola cittadina a metà strada tra le due città) e abbiamo proseguito verso quello che a si č rivelato essere il centro sub di Massawa (Diving Center) lė abbiamo incontrato Yassin, un giovane Afar impiegato al Centro che parla inglese e tigrino fluentemente. Montesanto ci aveva spiegato che Yassin ci avrebbe fatto da guida e da interprete.

Dal Diving Center con Yassín, lasciata la strada principale, abbiamo proceduto per una secondaria fatti di sabbia battuta. Dopo un viaggio non pių lungo di 15 minuti, siamo arrivati in un piccolo villaggio fuori Massawa. Un piccolo mercatino che vendeva oggetti di ogni genere, gestito in gran parte dai Rashaida, č stata la prima cosa che abbiamo incontrato. Ci siamo fermati un attimo, giusto il tempo di incontrare il Rashaida che ci avrebbe portato al suo villaggio. Questo era composto poche famiglie, e quella che abbiamo visitato era quella capo villaggio.

La loro casa, per cosė dire, era una capanna fatta di un tipo di paglia giallastra, spesso viene tinta di vari colori, chiamata tonchobot. La famiglia era composta da otto persone, inclusa la nonna materna di cinquant'anni.

L'accoglienza č stata calorosa e, dopo avere chiarito lo scopo della nostra visita, siamo entrati nella capanna, arredata con colori variopinti, e ci siamo accomodati in terra. L'intervista si č svolta in una atmosfera inizialmente tesa perchč le donne non si sentivano a loro agio per la presenza dei mariti. Abbiamo cosė chiesto di potere parlare solo tra donne e siamo rimaste noi quattro studentesse e le donne della famiglia. A questo punto l'intervista si č svolta in un clima pių disteso e abbiamo potuto fare domande anche personali, alle quali non avremmo avuto risposta in presenza degli uomini. Lasciando la famiglia c'č stato uno scambio di regali tra una ragazza del gruppo familiare e Sumeya, che ha donato alla ragazza il piercing che aveva al naso ricevendo in cambio un braccialetto di perline colorate

Verso le due e trenta siamo tornati a Massawa per pranzare e fare un bagno nelle acque del mar Rosso. Verso le cinque e trenta siamo partiti per Asmara, dove siamo arrivati dopo circa due ore e mezzo.

 


la capanna


interno 1


interno 2








 

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